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Palestina, un voto per la pace e per la responsabilità politica
Il voto regionale presentato dal Team K sul riconoscimento dello Stato di Palestina è nato con un obiettivo chiaro: chiedere al Governo e al Parlamento italiani di assumere una posizione coerente con il diritto internazionale e con i valori costituzionali della nostra Repubblica. Si trattava di un’iniziativa di alto profilo politico e simbolico, in linea con il disegno di legge di iniziativa popolare depositato al Senato nel giugno 2024 e sottoscritto da oltre 78.000 cittadini italiani.
Fin dall’inizio della trattazione il Team K ha voluto svolgere un ruolo di mediazione. Nell’illustrare la proposta in aula, ho chiarito che “si può essere pro Israele senza essere pro Netanyahu e pro Palestina senza essere pro Hamas”. Una posizione di equilibrio in un contesto dominato da polarizzazioni estreme: da un lato chi giustifica ogni azione del governo israeliano, dall’altro chi arriva a difendere posizioni vicine agli atti terroristici. Allo stato attuale, la soluzione dei due Stati resta, per il Team K, l’unica via praticabile per una pace duratura e giusta.
La proposta ha raccolto ampio sostegno trasversale da parte della maggioranza delle forze politiche del Consiglio regionale. Dopo una lunga giornata di confronti e di “ambasciate” tra i gruppi, si era arrivati a una formulazione condivisa, con la presentazione di un emendamento che semplificava il testo, ribadendo l’impegno a “incoraggiare dialoghi di pace con l’obiettivo di arrivare alla soluzione dei due popoli e dei due Stati, con il riconoscimento reciproco dello Stato di Israele e del futuro Stato di Palestina”. Un compromesso che avrebbe permesso di approvare un testo unitario e inviare un segnale chiaro alle istituzioni nazionali.
Purtroppo, l’emendamento non ha trovato il favore del Partito Democratico, che ha scelto di rinviare alla prossima seduta il voto finale sulla proposta, impedendone di fatto l’approvazione. Salvo un’improbabile decisione dell’Aula per garantire la conclusione della trattazione già a dicembre, il voto slitterà al 2026, perdendo l’occasione di trasmettere un messaggio di responsabilità e di pace già nell’anno in corso.
Il contesto italiano del 2024 aveva visto una forte mobilitazione civile per riempire il vuoto lasciato dalla politica: la raccolta firme per la legge popolare, la denuncia del giornalista Raffaele Oriani nel libro “Gaza, la scorta mediatica” e la presa di posizione di testate come Vatican News, che con le parole del cardinale Parolin aveva ricordato che “il riconoscimento dei due Stati è la soluzione”, denunciando al tempo stesso l’uso della fame come arma di guerra a Gaza. Queste voci, insieme, hanno contribuito a rompere il silenzio mediatico e a mostrare la realtà delle sofferenze palestinesi.
Nella storia repubblicana non sono mancati leader capaci di parlare con schiettezza: Andreotti, che riconobbe la legittimità della resistenza palestinese, e Craxi, che ebbe il coraggio di opporsi agli Stati Uniti a Sigonella, dimostrando che l’Italia può e deve esercitare autonomia politica e morale. Oggi quella stessa chiarezza manca.
Proprio per la nostra storia locale, segnata dal conflitto etnico e dal percorso di riconciliazione dell’Alto Adige/Südtirol, non possiamo restare indifferenti. Chi vive in una terra che ha conquistato la convivenza attraverso il riconoscimento reciproco dei diritti, non può negare ad altri popoli ciò che Pertini definiva “il sacrosanto diritto a una patria e a una terra”.
L’auspicio del Team K è che tutti i gruppi, maggioranza e opposizione, riflettano sul comportamento tenuto in aula. Talvolta il compromesso è l’unica via per dare forza alle istituzioni e rendere la politica credibile. Il Consiglio regionale deve saper dare l’esempio, perché anche dai territori può partire un messaggio di pace.
Paul Köllensperger



